Descrizione
Il villaggio, allungato a forma di ogiva da 852 a 800 m s.l.m., occupa complessivamente una superficie di circa due ettari e mezzo. Il perimetro dell’insediamento è circoscritto da una spessa muraglia di pietrame a secco larga mediamente circa un metro, con a tratti caratteri di accentuato megalitismo. Ancora oggi sono evidenti i resti delle antiche porte di accesso e gli spazi abitativi circondati da muretti a secco come opera di delimitazione delle proprietà nucleari. Dalla raccolta di superficie, effettuata a più riprese negli anni scorsi, sono emersi risultati interessanti per questo che è il più “alto” degli insediamenti preistorici dell’Età del Bronzo nel nostro territorio (solitamente gli altri villaggi di cui abbiamo finora conoscenza non vanno al di là di circa 600 m s.l.m.). I resti di ceramica attinenti alle attività svolte dall’uomo nell’insediamento ci mostrano una popolazione abbastanza numerosa e non povera legata alle attività pastorali che si svolgevano con grande successo in tutto il territorio della Daunia, soprattutto dalla fine dell’Eneolitico (Età del Rame) ad almeno tutta l’Età del Bronzo Medio. Tra i frammenti ceramici numerosi bordi, colletti, orli, anse, pareti di ciotole e di vasi di dimensioni varie (generalmente medio-grandi), in qualche caso legati alla lavorazione del latte. La prima area del villaggio ad essere interessata dalla presenza di gruppi umani è la più alta, cioè quella posta tra m 852 e 839 s.l.m.; ha la forma di triangolo equilatero col vertice verso l’alto. In corrispondenza del vertice del triangolo ma all’esterno e quindi nel punto più alto del villaggio è stata addossata una poderosa struttura delimitata da un muro a secco mediamente largo m 2,80-3,00, di forma rettangolare, dal lato lungo di circa m 16 e il lato corto di circa m 7,50; a giudicare dal pietrame di crollo lungo lo stesso perimetro si deve dedurre che la struttura era relativamente alta. Alla base del triangolo si distende una fascia quasi perfettamente piana, larga mediamente da m 20 a 25, che poteva avere la stessa funzione che i fossati hanno in altri villaggi con opere di difesa. Al di sotto, si notano altre strutture, quasi certamente abitative che fanno parte della seconda espansione del villaggio verso il basso. Nel complesso l’intero villaggio risulta lungo circa m 250 e largo mediamente circa m 90-95. Interessanti alcuni resti di strutture affioranti sul terreno, tra cui una singolare capanna di forma “absidata” sulla cui funzione permangono ancora numerosi dubbi. Qualche indizio ci lascia presupporre una prima frequentazione nella fase di Piano Conte (Eneolitico, ca. 2200 a.C.). La ceramica più diffusa è la “rusticata”. Con l’inaridirsi del clima, con una temperatura media più alta rispetto ai periodi precedenti durante la fase dell’Eneolitico finale e del tardo Bronzo antico, continua il processo di desertificazione del Tavoliere; nel Bronzo medio il Tavoliere viene abbandonato definitivamente. Il probabile regresso della foresta verso le zone alte del Gargano sicuramente avrà agevolato l’insediamento sui rilievi. Il villaggio di Monte Castellana viene frequentato e abitato fino all’Età del Bronzo medio (ca. 1500 a.C.); in seguito, come in quasi tutto il territorio della Daunia, il villaggio si spopola e non verrà più utilizzato dall’uomo.
I teoria su Monte Castellano (Gravina): il villaggio potrebbe essere una struttura “egemone” sul territorio, dalle caratteristiche monumentali e con la possibilità di esercitare una forma di controllo di un’area territoriale con una gerarchizzazione degli insediamenti disposti a piramide, sotto il profilo topografico, e tutti controllabili anche a vista dal villaggio all’apice della piramide, il quale è l’unico, per quanto finora si conosce, ubicato a m 850 di altezza, mentre tutti gli altri sono posti sotto la quota di m 600. L’impossibilità di svolgere in loco attività di commercio e di scambio, non trovandosi l’insediamento su una pista di larga frequentazione, farebbe sì che la comunità di Crocicchia, né povera né poco numerosa, risulti dipendente dagli altri gruppi distribuiti tra il primo gradone del Gargano e il Candelaro per l’approvvigionamento sia dell’acqua, sia degli altri mezzi essenziali alla sussistenza. Anche la costruzione del villaggio con le sue caratteristiche di megalitismo significava molte braccia sottratte al lavoro per volontà di un gruppo “dominante”.
II teoria (Fiorentino): Proprio il cambiamento climatico che si verifica tra la fine dell’Eneolitico e nei primi dell’Età del Bronzo, con punte poi più alte nel Bronzo Medio, sarebbe l’artefice dell’insediamento “montano” di Monte Castellana da parte del medesimo gruppo umano che controllava i villaggi sottostanti. La migliore posizione e la probabile persistenza di lembi forestali nella zona cacuminale del monte sarebbe alla base del nascere dell’insediamento, ultimo “baluardo” per le greggi in risalita dalle fasce sottostanti. Con l’aumento dell’aridità nel Bronzo recente si assiste ad uno spopolamento di quasi tutti i villaggi pastorali anche d’altura, compreso quello di Monte Castellana.
(Testo a cura del prof. Matteo Fiorentino)
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Ultimo aggiornamento: 16 luglio 2024, 11:49